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Donne che ripartono: Eleonora e la scoperta della felicità.

27/2/2017

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Ti racconterò di come sono cambiata io ed è cambiata la mia vita negli ultimi otto anni.
Ho cambiato casa e città, sono diventata mamma, ho perso il lavoro, sono stata lasciata dal padre di mia figlia, mi sono scontrata con la mia famiglia d'origine, ho scoperto la solitudine e il vuoto di speranza e obiettivi per il futuro, mi sono abbandonata a una relazione sentimentale distruttiva. 

Prima di tutto questo ero una ragazza di 28 anni. 

Ero andata via dall'Italia a 23 anni per trasferirmi a studiare in Spagna. 
Non sapevo bene che cosa volevo fare nella vita, mi sentivo triste e insignificante. Studiavo filosofia, avevo poche ambizioni e pensavo che, finiti gli studi, mi sarei messa a lavorare con mia madre nella caffetteria di famiglia. Tra un esame e l'altro già lavoravo con lei e così ho scoperto che quel lavoro non faceva per me e non mi piaceva proprio. Sono partita per l’Erasmus e non sono tornata più. Sono stata a Murcia, Barcellona e Bilbao. Ho maturato l'idea di lavorare in giro per il mondo nei progetti di cooperazione internazionale e mi sono preparata per questo. Dopo gli studi in Spagna e alcuni anni di passaggio in America Latina sono finita, per il mio primo lavoro, in Guinea Bissau.

Ero smarrita. Volevo conoscere il mondo, avere risposte. Non volevo legarmi a nessuno, essere libera.

Al tempo stesso mi sentivo sola, impaurita, convinta di non sapere fare niente, convinta che presto si sarebbero accorti del mio inganno e sarebbe tutto finito. Ero in Africa, sola e terrorizzata.
Ho conosciuto Mustapha che, originario del sud del Marocco, viveva da alcuni anni a Bissau lavorando nel commercio dell' anacardo.
Era bello, ben integrato e riconosciuto da alcuni come una persona di successo. Dolce, con una storia difficile alle spalle. Come me un po' smarrito, amava viaggiare e spostarsi continuamente. Mi sono innamorata e sono rimasta incinta dopo sei mesi.

Non sapevo che cosa significasse, avevo una visione molto romantica della gravidanza e dei bambini.

Pensavo di essere a posto: avevo il lavoro che avevo desiderato, l'uomo che avevo desiderato, stavo in Africa dove mi potevo permettere alcune cose che non avrei potuto avere qui, che problema potevo avere?

Piano, piano ho scoperto che partorire là poteva essere molto pericoloso, che Mustapha non era così sicuro di voler venire in Italia ad accompagnarmi, che non era neanche facile per lui ottenere un visto per entrare nel nostro paese, che il mio contratto era a tempo determinato e non era detto che mi sarebbe stato rinnovato (visto "il mio stato"), che la mia famiglia non era per nulla d'accordo con le mie scelte.

Comunque ce l'abbiamo fatta, siamo venuti in Italia, a Torino, insieme. E' nata Sara. Dopodiché è iniziato l'incubo.
Ero stata fuori otto anni, stare a Torino mi sembrava un tuffo nel passato.

Mi sono reimmersa nell'infelicità del passato rinnovata da una nuova, ancora più enorme, infelicità.

Eravamo stranieri e soli, poco capaci di gestirci una bambina appena nata. Lui non conosceva niente e io non ero in grado di sostenerlo.
A trent'anni ero la prima di tutte le amiche a diventare mamma: loro continuavano la loro vita, non immaginavano che cosa stavo vivendo, e poi ero stata via tanti anni.
I miei genitori non sapevano starmi vicino. Eravamo soli e abbiamo cominciato a litigare e litigare. 
Mustapha voleva andarsene, tornare in Guinea. Io lo pregavo di restare, di attendere almeno di ottenere il permesso di soggiorno. 

Se ne andò 5 mesi dopo. E sparì. 
Avrei dovuto raggiungerlo dopo poco, avevo trovato un nuovo lavoro, ero pronta a partire ma lui non mi rispose più al telefono per mesi.
Rinunciai al lavoro. Non mi sentivo pronta a partire da sola, alla cieca, senza sapere se lui sarebbe stato con noi oppure no.
Non sapevo che fare, non avevo un piano B. Inoltre le fatiche quotidiane mi impedivano di trovare la lucidità necessaria per riflettere sul mio futuro. Per fortuna avevo i soldi della maternità e quelli risparmiati mentre lavoravo in Guinea.

Quando Sara ha cominciato l'asilo nido, ho provato a fare alcuni lavoretti ma non riuscivo a ragionare bene, ero stanca, disperata.
Come tutti i bimbi al primo anno di nido Sara si ammalava spesso e non riuscivo ad andare a lavorare. Ho deciso che dovevo ripartire. Ho cominciato a mandare cv, a rispondere agli annunci di lavoro, ho fatto vari colloqui. Partire con bambina al seguito sembrava impossibile.

Dopo un anno circa ho rinunciato. Ho fatto quello che non avrei mai voluto fare: ho chiesto a mia madre se potevo lavorare con lei in caffetteria.
Mi sembrava l'unica possibilità per me mentre mi trovavo a tirar su mia figlia da sola.
Ho cominciato un lavoro che odiavo. E, spinta dalla solitudine, ho cominciato una relazione con un uomo che mi mentiva e rispettava poco.
Io accettavo tutte le sue bugie, anche le più inverosimili; accettavo tutte le sue regole, non credevo di meritarmi niente di meglio. 

Forse questo è stato il momento in cui ho pensato che non ce l'avrei mai fatta: che fare del mio (del nostro) futuro? Non avevo la minima idea. Sopravvivevo.
La vera scintilla, però, è stata sempre mia figlia.

Le persone intorno mi dicevano che era stata la mia disgrazia. Non ho mai pensato questo, mai! Io ero stata la mia disgrazia. E lei, ora, era la mia salvezza, la mia speranza.
Facevo tanta fatica ma sapevo che ce la potevo fare, per lei ce la dovevo fare! 
Lei aveva bisogno di una mamma in forma e serena per crescere bene. Per lei facevo cose che non avrei fatto "solo" per me. Per lei ho ricominciato a guidare la macchina e ad andare in bici (ero sempre stata terrorizzata dai mezzi di trasporto), ho letto di alimentazione perché potessimo mangiare bene (prima non ne avevo la minima idea), ho inventato mille attività per non rimanere chiusa in casa.
Grazie a lei ho fatto nuove amicizie, ai giardini, all'asilo, in altri centri, amicizie non più legate al mio passato.
Fin da quando Sara ha avuto tre mesi ho cominciato un percorso di psicoterapia che poi è durato sei anni, con passaggio attraverso tre professioniste diverse. Il percorso mi ha aiutata tantissimo, sono diventata una persona diversa.

Prima non sapevo che cosa fossero le emozioni, non mi conoscevo, non mi ascoltavo. Non sapevo bene che cosa desideravo davvero, che cosa mi faceva star bene e che cosa no. Mi facevo trasportare dalla vita, pensavo che funzionasse così. Non pensavo di avere potere sugli eventi, di poter scegliere davvero, decidere della mia vita, farla andare nella direzione che volevo io. Questo l'ho imparato in questi anni ed è stata una grande scoperta.

Ho letto tantissimi libri sulla psiche, sulle relazioni, sul vivere qui e ora, su come uscire dalla depressione ecc. Ho fatto anche tante stupidaggini (come inghiottire pasticconi di colla di pesce perché avevo letto che gli omega 3 miglioravano l'umore) ma le rifarei tutte, erano piccoli appigli di speranza e mi sono serviti tanto. "Donne che amano troppo" di Robin Norwood mi ha convinta a mollare "l'uomo cattivo", i testi di Jon Kabat-Zinn a imparare a vivere nel qui e ora, e tanti altri.

Quando ho cominciato a lavorare con mia madre ho cominciato ad avere dei dolori forti ai piedi. Ora so che non volevo proprio andare in quella direzione, allora non lo comprendevo. Andavo da mille medici, facevo lastre e altri controlli: non avevo niente e mi facevano tanto male, quasi non riuscivo a camminare.  Mentre cercavo una soluzione alternativa ho scoperto lo Shiatsu e ho cominciato a frequentare la scuola. Mi era difficile trovare a chi lasciare la bambina e l'energia per assistere alle lezioni, ma sentivo di essere sulla strada giusta.

La scuola di Shiatsu mi apriva la possibilità di crearmi una nuova professione e mi aiutava a imparare a stare in ascolto di me, del mio corpo e del prossimo.

Mia madre mi ha sostenuta economicamente. Guadagnavo uno stipendio degno pur lavorando poco e questo mi ha salvata. Senza tranquillità economica come avrei potuto dedicarmi al miglioramento di me? E' stato il miglior investimento che potessi fare. Niente vacanze per alcuni anni, i soldi andavano in psicologa e scuola di Shiatsu ma penso che sia stata un'ottima scelta.

Avevo un'amica, Katya, conosciuta ai giardini quando Sara aveva poco più di 2 anni. Il suo sostegno, il suo ascolto, la sua presenza sono stati fondamentali in quegli anni. Fine settimana interi passati insieme, pomeriggi ai giardinetti tra risate e qualche pianto dietro il cespuglio (perché "non si piange ai giardinetti!" scherzavamo così).

Nel 2013 ho conosciuto mio marito. 
Desideravo tanto un compagno di vita con cui condividere tutto ma avevo perso la speranza di trovare un uomo che fosse all'altezza delle mie aspettative. Ora che avevo ben chiaro come lo volevo, pensavo fosse impossibile trovarlo. Poi invece è arrivato: il ritorno dell'amore nella mia vita mi ha illuminata e alleggerita. E' stata la svolta, sì, ma ho dovuto prepararmi per anni, solo quando sono stata pronta ho potuto dare la svolta e accettare un uomo così.
​Non mi sento quindi "salvata" da qualcuno. Mi sono salvata da sola, imparando a scegliere solo le cose che mi facevano bene!

E questo è il messaggio che vorrei dare alle persone che si trovano in difficoltà. Lavorare tanto su di sé, cambiare dentro per far cambiare ciò che gli sta intorno, sembra una magia ma è proprio così (certo, se qualcuno me lo diceva mentre ero dentro il tunnel della disperazione non ci credevo tanto a questo discorso della magia...) 

Con il suo sostegno sono riuscita a portare a termine la scuola di Shiatsu.

Nel 2014 ho perso mio padre, nel 2015 ho perso mia madre e ho scelto di lasciare la caffetteria. Anche questa scelta è stata difficile e ho dovuto combattere per sostenerla (contro suo marito, contro mio zio, contro il mondo intero che volevano convincermi a non farlo).
Nel 2016 ho sistemato uno spazio insieme ad alcuni colleghi e ho cominciato a lavorare come Operatrice Shiatsu.
Sempre nel 2016 ho frequentato la scuola delle doule con la speranza che lavorare ancora su di me e sui temi della gravidanza e della maternità mi aiutasse a superare il trauma dell'abbandono e del crollo completo avvenuti dopo la nascita di Sara, per trovare il coraggio e darmi la possibilità di avere un altro figlio, di vivere una situazione diversa dalla precedente. 
Questo è ancora work in progress.. non so se deciderà di nascere questo bambino oppure no, penso che sarò felice in entrambi i casi.

L'amore, il sostegno e il rispetto reciproco che regnano nella mia casa sono ciò che ora, ogni giorno, mi dà la gioia e la forza per affrontare tutto.

N.d.R. Il giorno in cui io ed Eleonora ci siamo conosciute, per parlare della pubblicazione della sua storia, le ho chiesto se volesse cambiare qualcosa nel suo racconto.
Lei mi ha risposto emozionata che sì, qualcosa da aggiungere c'era: aveva appena scoperto di aspettare il suo secondo bambino.
Grazie Eleonora per aver condiviso con me questa immensa gioia e in bocca al lupo per la tua nuova vita!


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    Chiara Caiazzo

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