Incomincia tutto da un sogno.
Inizia sempre tutto da una scintilla, e il mio sogno era di diventare un'artista. Così, dopo il diploma di liceo classico preso nella mia terra, la Sardegna, decido di tentare l'esame di ammissione all'Accademia delle Belle Arti di Roma.
Il 20 agosto del 2004 mi trasferisco in una piccola stanza doppia, in condivisione con una ragazza. L'appartamento è un caos, tra lei e i ragazzi delle altre stanze, ma a me non importa.
La mia metà di stanza profuma di carta spolvero, quella giallino hai presente? Di colori acrilici, carboncino e il mio sogno.
Inizio l'accademia con il cuore colmo di gioia: gli stimoli sono infiniti. Mi sento finalmente al posto giusto, nel momento giusto. Incontro una persona, che sentivo da un pò di tempo tramite internet, una storia a distanza. Questa persona mi usa, come io uso gli stracci per pulire i pennelli. Mi plagia e mi infligge una ferita immensa.
LA FERITA. Non quella di un amore finito, di un amore non corrisposto. Di un amore che non è amore, che è sopruso, che è prevaricazione, che è violenza. Mi chiudo in me stessa e nel mio sogno, cerco di mettere i piedi uno davanti all'altro e di percorrere la mia strada.
Vinco una borsa di studio e mi trasferisco in uno studentato alla periferia di Roma con trenta e più studenti, lascio avvicinare una persona. Mi appoggio a lei e lascio che provi a curare le mie ferite. Maldestramente, ma è l'unica cosa che ho.
Nei quattro anni successivi studio come una pazza e, finalmente, mi laureo. Il sogno di diventare un'artista è una piccola fiammella nel mio cuore, quasi spenta.
Ricordo il giorno della mia laurea. Sorridevo. Contavo i giorni che mi separavano dalla partenza per il Piemonte. Finalmente mi lasciavo alle spalle quella città, tanto amata e tanto odiata.
Mi trasferisco vicino Torino, una casetta piccola, mal strutturata e mal arredata. La persona al mio fianco non riesce a starmi vicino, la ferita si riapre. Non esco più di casa. Ricordo ancora la macchia sul soffitto a forma di nuvola. Mi costruisco un'armatura di grasso. Tornano a bussare vecchi disturbi, apparentemente dimenticati.
Arriva nella mia vita una cagnolina: il manto bianco, i polpastrelli rosa e una macchiolina fra i suoi occhi azzurri. Anche lei ha paura. Iniziamo piano piano a uscire fuori di casa, inizio un corso creativo. Sento nel petto la fiammella del mio sogno che inizia a crescere. Intanto ci trasferiamo in un'altra casa e decidiamo di sposarci. Mi racconto che le cose cambieranno.
Il mio abito da sposa è rosa, ho un bouquet fucsia. Nelle foto Sorrido. Sono felice, sembrerebbe. Eppure non mi riconosco.
La vedo, li, in fondo agli occhi una piccola ombra nera. Mi pento nel preciso istante in cui varco la soglia di casa il giorno dopo, con la fede al dito. Ma non dico niente. Non posso dire niente. Devo essere perfetta, devo sorridere. Inizio a costruire la mia vita partendo da me.
Dopo due anni arriva la spada di Damocle. Il filo si spezza. Mi chiede un bambino. Ma come si può fare un bambino senza sfiorarsi? L'ombra nera si allarga sul mio viso, cado in depressione. L'unica cosa che sento è :"fatti curare".
Inizio un percorso terapeutico, ricordo l'ansia, il respiro corto. L'aria che non arriva ai polmoni. Le cose, a casa vanno sempre peggio. Se non fosse per la mia cagnolina forse non uscirei di nuovo di casa. Gli amici sono lontani, a Torino poche persone e tutte coinvolte dal punto di vista familiare. Non posso confidarmi con nessuno.
In area cani conosco una persona. Diventiamo amiche. Mi fa entrare nel suo mondo e lei entra nel mio: mi sorprendo a cercare la sua macchina parcheggiata sotto casa, ad aspettare di vedere prima la visiera del suo cappello e poi i suoi occhi languidi.
Sento profumo di Marlboro Light e spero che sia lei.
Nel frattempo il mio sogno sta crescendo, inizio a fare qualche lavoro nel mio settore. Questa persona mi chiede una mano, ad aprile aprirà un negozio e vuole lavorare con me sulla grafica. Sento il cuore in gola ogni volta che viene a prendermi a lavoro per poter lavorare al suo progetto.
Siamo talmente amiche che l'aiuto a sistemare il negozio: pitturare, pulire, intonacare. Non sento la fatica, non mi interessa. Mi basta stare anche solo un secondo di più li. Conosco la gelosia. L'attesa dei messaggi. La rabbia nel non riuscire a dedicare il tempo a questa persona. Mi scopro bella, capace di flirtare. Ma non posso, non devo. Sono una donna sposata e questa persona è impegnata. Convive da dieci anni. E poi....è una donna. Com'è possibile?
Inaugura il negozio, litighiamo e io mi ritrovo a piangere lacrime calde e salate. Cos'è questo sentimento? E poi mi bacia. E lì capisco tutto. Tutti i tasselli vanno al loro posto. Lascio casa, svesto i panni della moglie devota e accondiscendente e lascio venire fuori tutto quello che ho sempre celato. Non ho soldi, solo me stessa e l'amore. Due cose totalmente sconosciute.
I primi sei mesi sono meravigliosi. Ci trasferiamo nel vercellese, facciamo le pendolari ogni giorno. A casa non abbiamo manco un lavandino, ma ci basta l'amore mi dico. Non riusciamo più a far fronte alle spese. Vendiamo la macchina, la moto, tutto l'oro che avevamo. Ci trasferiamo qualche giorno in macchina. Io, lei, due cani e il nostro amore. Un amico ci ospita nella sua seconda casa. È novembre e non c'è riscaldamento. Le lenzuola sono tanto umide da sembrar bagnate. Ci trasferiamo nel retro del negozio, i soldi scarseggiano. Litighiamo, ci lasciamo, ci riprendiamo. L'unica costante siamo noi. Non riusciamo a stare separate.
Finalmente uno spiraglio di luce. Mi chiamano per una supplenza. Inizio a lavorare a scuola. Un anno fa affitto un piccolo alloggio nel vercellese. La mia prima casa.
Casa mia è una nuvola fucsia: scopro i colori. Io amo il fucsia e lui ama me.
Mi trucco, studio, esco, scrivo, fotografo. Mi nutro di arte, amore e passione. Amo il mio lavoro, amo la mia vita, amo lei, amo me. Dopo sei mesi,con un piccolo prestito, riesco a comprare una macchina, la mia prima macchinina: una Opel Corsa scanciofata di dieci anni.
Blue Monday, l'ho chiamata.
Oggi lavoro, anche se precaria, ho la mia vita, so chi sono e dove voglio andare. Si sono aggiunti alla famiglia una gattina nera e un criceto.
Mentre scrivo queste righe sento il respiro di Maya che russa sul suo tappeto, Kita è acciambellata nel suo kenel, intenta a farsi la zampicure. Fate fa le fusa sulla mia pancia. C'è serenità nell'aria e molta stanchezza, ma sento quanto le mie pelose sono serene, quanto sono serena io e quanto sono cambiata. Anche se lei è ancora nel retro di quel negozio, che da qui a un mese chiuderà.
Forse non sarà più un eterno blue monday. Chi lo sa. So solo che sono qui. Ancora in piedi, pronta a correre. E a raggiungere il mio sogno.
Che è un pò cambiato, così come sono cambiata io. O forse mi sono solo ritrovata.
N.d.R. Quando io e Stefania ci siamo conosciute per parlare della pubblicazione della sua storia, lei mi ha detto queste parole, che mi sento di aggiungere:
"Se tutto quello che ho dovuto affrontare, combattere e superare mi ha portata finalmente qui e ora rifarei tutto mille volte. Comprese le delusioni, le lacrime e le sconfitte. Per tutta la mia vita ho vissuto facendo ciò che la gente si aspettava che facessi. Ora, per la prima volta, voglio vivere come voglio".
Grazie Stefania per aver condiviso qui la tua storia, in bocca al lupo per la tua nuova vita!